Anche se presumo che ormai tutti lo sappiano, è molto importante ripetere che l’olio in vendita sotto la dicitura «olio di oliva» non è il migliore, cioè non è l’olio più adatto alla cucina e a essere consumato. Con questa denominazione infatti, si indicano quegli oli contenenti pochissimo olio extravergine e molto olio rettificato o lampante.
Quindi, per uso alimentare consigliamo di usare solo e sempre olio extra vergine e, per comodità, quando in queste pagine parliamo di olio di oliva intendiamo indicare sempre solo ed esclusivamente olio extravergine di oliva.
Minima acidità
Il tipo di olio di oliva viene stabilito in base all’acidità.
Se inferiore all’i% (benché un ottimo extravergine raggiunge solo lo 0,2-0,3%) espresso in acido oleico, l’olio viene classificato come extra-vergine.
Tra l’l e il 3,3% l’olio si definisce vergine. Quando l’acidità supera il 3,3% l’olio ottenuto viene definito «lampante».
Olio buono solo con olive buone, sane, mature
La qualità e la bontà dell’olio di oliva dipendono dalla bontà e dalla naturalezza della materia prima: le olive. Fondamentale è inoltre il periodo di raccolta e il metodo di raccolta (a mano o per battitura).
Le olive devono essere raccolte prossime alla completa maturazione, leggermente acerbe, perché in questo stadio contengono il massimo dei componenti aromatici e l’olio che se ne ricava risulterà più fruttato e con maggiori proprietà di conservazione.
In Toscana si tende ad anticipare il momento della raccolta per ottenere un olio più verde, dal gusto marcato, mentre al sud si tende a raccogliere olive giunte a completa maturazione per avere un olio più grasso e denso.
Le olive dovrebbero essere raccolte a mano direttamente sulla pianta, con il metodo della brucatura, sistemate poi in piccole cassette, in modo che non si schiaccino e trasportate con molta cura e il più presto possibile al frantoio. Nei luoghi di collina invece si stendono, appendendole agli alberi, delle lunghe reti, che rimangono così sollevate da terra e si battono i rami facendo cadere le olive già mature (è il metodo della battitura).
La raccolta avviene meccanicamente quando gli alberi sono disposti in file regolari entro le quali possa passare un trattore.
Essendo molto delicate le olive non si mantengono integre a lungo; le cassette dunque non devono essere profonde, perché il loro stesso peso le schiaccerebbe rovinandole. Per questo appena raccolte, mondate e lavate dovrebbero essere subito portate al frantoio.
La raccolta delle olive, dunque, se fatta manualmente, è un’operazione lunga e faticosa, talvolta pericolosa, se in collina, e perciò molto costosa.
I suoi costi, infatti, arrivano a superare il 50% dei costi complessivi di produzione.
I difetti delle olive
Le olive schiacciate, battute e abrase, o cadute a terra deperiscono presto e «inacidiscono». Se ancora sulla pianta, per proteggerle dalla mosca olearia, un parassita, che ne mina la qualità, possono subire un trattamento chimico.
L’olio ottenuto spremendo queste olive di seconda e terza categoria ha un’acidità superiore al consentito. Dovrà perciò essere rettificato con filtri al carbone e con vapore acqueo molto caldo. Si tratta dell’olio «lampante», un tempo usato come combustibile, oggi invece, miscelato a una minima percentuale di extravergine, è trasformato nel «famigerato» «olio di oliva».
Per questo motivo ci preme insistere che l’olio da usare in cucina deve essere di prima qualità.
Macina o molazza e martelli
Esistono due metodi di frangitura: quello più antico a pietra o macina o molazza e quello più moderno con frangitore a martelli.
La pietra o molazza è formata da un trogolo dove girano lentamente due enormi e pesantissime ruote di pietra che schiacciano le olive con i noccioli. La pasta che ne risulta viene quindi deposta a panino sui «fiscoli», che sono dei dischi di corda o altro materiale che uno sull’altro vengono impilati su una pressa.
Dalla pressione di questa pasta tra un fiscolo e l’altro esce un liquido composito che, opportunamente filtrato, per caduta o meccanicamente, diventa olio. Prima di essere imbottigliato l’olio necessita di un breve periodo di maturazione durante il quale perde il sapore amaro iniziale e si decanta leggermente delle particelle sospese.
Il frantoio a martelli è molto più veloce, ma provoca emulsioni olio-acqua di difficile rottura.
Tra gli extravergini e gli oli novelli ci sono varietà «grezze» (come l’olio di affioramento) definite «mosto» che hanno subito il minimo della lavorazione. Sono i più genuini. È difficile trovarli nei canali commerciali tradizionali.
La conservazione
L’olio si conserva agevolmente anche due o tre anni se tenuto al buio, in contenitore chiuso o ben tappato, perché assorbe facilmente i cattivi odori, in un locale fresco per limitare al minimo il processo di ossidazione.
È meglio però non usare olio con più di un anno, visto che la raccolta delle olive avviene annualmente. Dato che l’olio teme molto la luce, è preferibile la lattina al vetro e il vetro scuro a quello chiaro.
Le etichette
Anche per l’olio la data di scadenza non rivela nulla al consumatore. Si dovrebbe infatti dichiarare onestamente la data di «produzione».
La scadenza fissata dall’imbottigliatore è troppo lontana, discrezionale e non veritiera. Prima dell’imbottigliamento, per esempio, con l’olio di importazione, può passare anche un anno dal giorno di uscita dal frantoio a quello dell’imbottigliamento. Il tempo ideale di consumo, va da 6 mesi a un anno, ma questo arco di tempo non è quasi mai identificabile sulle etichette.
Le frodi più comuni
Assieme al vino l’olio è il prodotto più soggetto a frodi. La più semplice è l’importazione di olio d’oliva da altri paesi non soggetti a controlli, vendendolo poi come olio italiano.
Seguono quindi l’aggiunta di oli estranei di qualità inferiore, la miscelazione con oli di semi, con oli con acidità superiore al limite legale, con oli alterati per ossidazione, l’aggiunta di clorofilla per rinverdire un colore smorto, l’uso di grassi sintetici.
Il consumatore sarebbe infine certamente avvantaggiato se i produttori preferissero etichette veritiere e a imballi con una confezione standardizzata in lattina o bottiglia scura anche per gli oli di grande qualità. Insomma meno sprechi per l’imballaggio e più risalto alla qualità intrinseca dell’olio.
L’olio di sansa
È quello ottenuto dal materiale residuo della spremitura delle olive e che contiene ancora una certa quantità di olio, ricavato tramite solventi che in seguito vengono evaporati. L’olio greggio così ottenuto viene deacidificato, deo-dorizzato, decolorato, ricolorato e infine addizionato, anche in questo caso a totale discrezione del produttore, di una certa quantità di olio vergine.