Tra le bibite analcoliche un discorso a parte merita il boom del tè già pronto e venduto in bottiglie di plastica, vasetti di vetro o tetrabrick.
I motivi del successo di questo prodotto relativamente nuovo sono da ascrivere:
—alla caratteristica di bevanda non gasata. A forza di sentire dire che il pizzicorino in gola e l’anidride carbonica nello stomaco fanno male, i consumatori sono corsi ai ripari, e l’industria li ha subito accontentati;
—all’immagine salutistica del tè freddo rispetto al caffè freddo. Se ne può bere un bicchierone rispetto alla tazzina o al mezzo bicchiere del caffè shakerato con ghiaccio;
—alla pubblicità televisiva ossessionante sull’efficacia della bevanda utile contro il caldo e la sete.
Vale la pena di comprarlo?
Consigliamo di comprare il tè già pronto e confezionato solo in casi di emergenza: se si è fuori casa o così stanchi e pigri da non voler fare lo sforzo di prepararsi una caraffa di tè da mettere in frigo, per tutti questi motivi:
—il costo spropositato alla sostanza del prodotto. Si tratta in fin dei conti di acqua di rubinetto e una bustina di tè. Inoltre è troppo zuccherato e, cosa ancora più importante, non toglie affatto la sete;
—non è un prodotto fresco e salutare. È merce che viaggia da una città all’altra, che sopporta nei camion e nei magazzini sbalzi di temperatura elevati. Contiene conservanti e aromi;
—il gusto e il retrogusto non sono trasparenti. Per questo motivo le industrie hanno introdotto per i tè già pronti i gusti alla pesca o al limone dove il sapore (del tutto chimico) della pesca, per esempio, molto forte maschera il pessimo risultato dato dal solo tè;
—il suo prezzo include il costo di tanta inutile pubblicità;
—l’acido ascorbico, ovvero la vitamina C, usato come antiossidante (e per esaltare il sapore delle bevande di questo tipo) è stato liberalizzato.
Il limite prima era 600 mg per litro. Una lattina di 33 cl ne poteva quindi contenere ben 200 mg, una quantità sufficiente a coprire il fabbisogno di una persona normale per quattro giorni e per due giorni di un accanito fumatore (il fumo di tabacco produce una serie incalcolabile di radicali liberi, con conseguente superlavoro della vitamina C che li deve intercettare e bloccare).
Lo spreco dei contenitori
Tanto spreco di carta o plastica o vetro o cartone dell’imballaggio dovrebbe giustificare una bevanda molto più costosa e con ingredienti più nobili. È un prodotto tipico della società dei consumi, dove si utilizzano materiali alla lunga preziosi (perché non rinnovabili) per alimenti scadenti, inutili di per sé, facilmente producibili a casa senza un così elevato spreco. Lo spreco non sta tanto nell’acquistare un litro di tè già fatto, cioè non solo questo, ma nel pa
gare il contenitore che costa molto più del tè e che inquinerà per il suo iter tra i rifiuti.
L’Italia, ma anche l’Europa del futuro, potrebbe avere necessità più drammatiche per quel cartone o quei vasetti di vetro e plastica che utilizziamo così stupidamente. Anche nell’imballaggio la scelta del consumatore sarà fondamentale d’ora in avanti. Quindi materiali più facilmente riciclabili, meno tossici, ma anche rifiuto di acquistare cose che vale la pena di fare da soli.